Molino della Semita dei Cippi
All’estremità meridionale della Regio I si trova il più grande panificio tra quelli conservati ad Ostia, aperto sia sul Cardo maximus che sulla Semita dei Cippi. Costruito nei primi decenni del II secolo d.C. in opera mista, è accessibile attraverso due corridoi fiancheggiati da botteghe aperte sulle strade: di qui si entra nel vasto ambiente centrale che presenta sul lato settentrionale due file di pilastri in mattoni che formano due lunghi corridoi. Nel primo corridoio sono disposte le macine, costituite come di consueto da due elementi inseriti l’uno nell’altro: la meta, infissa a terra e circondata un piccolo e basso muretto di raccolta della farina, e il catillus, poggiato sopra, che veniva fatto ruotare da asini ai pali infissi nei fori quadrati laterali tuttora visibili. Nel secondo corridoio, lungo il muro perimetrale dell’edificio, si trovavano invece i contenitori concavi destinati all’impastatura. Sia le macine sia le vasche per impastare sono realizzate in pietra lavica, l’antico lapis molaris, la cui superficie scabra agevolava la macinazione del frumento. Come nel più noto Molino del Silvano, il pavimento è costituito da grandi basoli, adatti al ritmico transito degli animali usati nel processo di macinatura. In un vano d’angolo lungo il lato meridionale del panificio è ancora parzialmente conservato il grande forno a pianta circolare dove il pane veniva infine cotto.
I fornai di Ostia erano riuniti in una grande associazione, il Corpus Pistorum, che si occupava di produrre il pane non solo per il mercato locale, ma anche per la città di Roma.