Ostia racconta - Lo schiavo fuggitivo
Questo collare è stato trovato in una delle taverne lungo la via di Diana, una strada nel centro della città antica dove si trovavano numerose botteghe, perlopiù destinate alla rivendita di cibi e bevande. Si tratta di un piccolo nastro di bronzo che si assottiglia alle estremità; sulla parte centrale compare un’iscrizione in latino, realizzata con piccole battiture di chiodo. La scritta recita TENE ME NE FUGIAM FUGIO, ossia “trattienimi per non farmi scappare, sto scappando”. Si tratta evidentemente del collare di uno schiavo che aveva tentato di fuggire più di una volta, come suggerito dalla ripetizione del verbo “fugio” e, ricatturato, era stato marchiato in modo da poter essere individuato da chiunque lo incontrasse per strada.
Collari come questo si ritrovano molto raramente e testimoniano un aspetto drammatico della società romana, comune a molte altre società antiche. In generale la condizione servile era particolarmente dura in campagna e nelle attività edilizie o minerarie, mentre gli schiavi di casa avevano un tenore di vita migliore. Dopo le grandi rivolte servili come quella di Spartaco (73-71 a.C.), il trattamento degli schiavi migliorò progressivamente, soprattutto per merito dell’imperatore Claudio (37-54 d.C.), che obbligò i padroni a far curare gli schiavi malati. Inoltre, durante l’impero, si diffuse sempre più la “manomissione”, ossia la liberazione degli schiavi a opera dei loro padroni; dopo anni di fedele servizio, un servo poteva comprare la sua libertà o riceverla in dono, diventando un “liberto”. Nei secoli successivi, il numero di schiavi si ridusse per la progressiva chiusura delle fonti di approvvigionamento: le guerre di conquista erano finite e con esse diminuirono le possibilità di fare prigionieri da vendere come schiavi. Infine, con l’affermazione del cristianesimo, la schiavitù scomparve nell’impero, ma un certo numero di schiavi continuò ad arrivare in Europa dalle terre non cristiane oltre il confine.
Chi era lo schiavo fuggitivo di Ostia? Il tipo di scrittura presente sul collare orienta per una datazione dell’oggetto al III secolo d.C.; non sappiamo se si trattasse di un servo di campagna o di città, ma questo manufatto ci restituisce la durezza di quel periodo storico, facendoci comprendere come i grandi risultati ottenuti dall’impero romano furono raggiunti anche grazie allo sfruttamento di enormi masse di persone.
Per saperne di più:
Notizie degli Scavi di antichità 1916, p. 418.
R. Calza e M. Floriani Squarciapino, Museo Ostiense, Roma, 1962, p. 95.
C. Pavolini, La vita quotidiana a Ostia, Roma-Bari, 1986 (rist. 2010), p. 40.
J. Chamay, Ostia, port de la Rome antique, Musée Rath, Genève-Paris, 2001, p. 96.