Le Buone Pratiche per la tutela e lo studio dei resti umani provenienti da scavo archeologico
Lo studio dei resti umani: un formidabile mezzo di conoscenza
I resti umani che appartengono all'orizzonte archeologico, cioè che emergono da scavi archeologici o durante lavori pubblici di adeguamento delle infrastrutture cittadine, sono preziose testimonianze della nostra cultura passata e in quanto tali vanno preservati dal deterioramento e accuratamente tutelati.
Dal punto di vista antropologico, quindi squisitamente scientifico, questi resti che consistono in apparati scheletrici e dentari sono un formidabile mezzo di conoscenza utile a ricostruire la storia biologica della nostra specie: Homo sapiens.
Tutto ciò che succede nell'arco della nostra vita, che provochi una alterazione al nostro normale ritmo di accrescimento o che sia dovuto ad una patologia più o meno importante, ad una frattura fortuita, ad un problema dentario, viene registrato dal nostro apparato scheletrico.
Le ossa quindi, che sono costituite principalmente da idrossiapatite, un minerale durissimo ricco di calcio, sono un vero e proprio database, un archivio di dati biologici che l'occhio dell'antropologo può rilevare e interpretare.
L'antropologo fisico, "legge" lo scheletro, andando a cercare quelle caratteristiche che permettano di ricostruire il profilo biologico dell'individuo e quindi di ricostruire la vita a partire da ciò che rimane. La somma delle storie ricostruite per ogni individuo che appartiene ad un gruppo umano del passato costituisce il profilo biologico della popolazione e rappresenta un importante tassello per la conoscenza della nostra storia.
Etica e resti umani: l'importanza dell'approccio allo studio
Negli ultimi anni, la ricerca scientifica e le sue applicazioni in campo antropologico hanno subito importanti cambiamenti rendendo possibile l'accesso ad informazioni fino a pochi anni fa impensabili. È possibile oggi ricostruire il patrimonio genetico di popolazioni, comprendere se e quanto popolazioni diverse si sono mescolate tra loro, comprendere le abitudini alimentari del passato, se le diete delle diverse popolazioni fossero basate su risorse animali (carne o pesce) o prodotti agricoli, comprendere se i singoli individui fossero nati e vissuti nello stesso posto.
Per ottenere però tutte queste informazioni è necessario che il considerevole materiale scheletrico che proviene dagli scavi sia correttamente trattato a partire dal momento del prelievo sullo scavo.
Il Documento delle "Buone Pratiche per la tutela e lo studio dei resti umani provenienti da scavo archeologico" rappresenta il corpus di indicazioni che gli antropologi italiani suggeriscono proprio per questo scopo.
Indicazioni puntuali relative alla pulitura delle ossa, agli strumenti da utilizzare, alle sostanze con cui effettuare gli eventuali restauri, alle misurazioni da prendere, a come organizzare il deposito, alla documentazione da raccogliere, questi sono gli elementi presenti nel documento che è alle fasi finali della sua stesura.
L'Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione congiuntamente all'Istituto Centrale per l'Archeologia hanno costituito un gruppo di lavoro coordinato da Paola Francesca Rossi (ICCD e Parco Archeologico di Ostia Antica) e Alessandro Riga (Università di Firenze) e costituito da antropologi fisici del Ministero del Beni Culturali quali Mauro Rubini (Sabap - Laz) e Luca Bondioli (Muciv e Università di Padova) e di alcune Università Italiane quali Giorgio Manzi (Ordinario di antropologia di Sapienza Università di Roma) e Maria Giovanna Belcastro (Ordinario di Antropologia di Alma Mater Studiorum Università di Bologna), affiancati da archeologi esperti in tutela e catalogazione quali Maria Letizia Mancinelli (ICCD) e Valeria Acconcia (ICA).
Per avere un documento che rappresenti la voce condivisa dell'antropologia italiana sono stati poi coinvolti gli altri antropologi Mibact più altri antropologi universitari che lavorano nei settori coinvolti negli aspetti più all'avanguardia della ricerca.
(a cura di Paola Francesca Rossi)